Teatro

Colpevole o innocente? Lo racconta Eugenio Allegri

Colpevole o innocente? Lo racconta Eugenio Allegri

Arriva allo Spazio Mil di via Granelli a Sesto San Giovanni L'innocente colpevole, scritto e diretto da Lucia Grosso e interpretato da Eugenio Allegri, attore saltato alla ribalta quando mostrò anni fa la sua incredibile bravura in Novecento, monologo tratto dal libro di Alessandro Baricco e diretto dall'eccellente Gabriele Vacis. Il pubblico è invitato a cogliere l'occasione di vedere questa nuova prova d'autore nei giorni 15 e 16 maggio e poi ancora dal 18 al 25 dello stesso mese, ogni sera alle 21, la domenica alle 17. A Milano, presso lo Spazio Frida di via Pollaiuolo 3, Allegri terrà un Laboratorio intensivo di Commedia dell'Arte, a tempo pieno, nei giorni 19, 20, 22 e 23 maggio. I dettagli si trovano sul suo sito. Eugenio ha capelli ricci, già un po' grigi e un'espressione spaesata, come se fosse capitato in un mondo forse sbagliato, tutto però da scoprire. Con voce gentile risponde alle mie domande. Conosci già lo Spazio Mil, dove ti vedremo in questo nuovo monologo? Non l'ho mai visto. Io vivo a Torino e, per quanto sia un attore un po' stagionato, sono frenetico, impazzito, non ho mai fatto due cose di fila sempre uguali. E' giusto sperimentare, mai stare fermi e questo spettacolo rientra in questa frenesia del nuovo. Il testo è scritto da una donna e la trama sembra un giallo o un thriller psicologico. Secondo te? Credo di peggio. Essendo Lucia Grosso un ex avvocato, credo che tutto quello che noi leggiamo sui giornali o sentiamo raccontare in televisione sia ben poco rispetto a quanto lei sappia, testimone oculare di tante miserie umane. Testimone di primo grado. Credo che gran parte di quanto scrive sia da riportare a una sua esperienza, anche se la scrittura è metafisica e dentro vi sono proiettati i personaggi. Servono un po' a metafora di una possibile ricognizione sull'esistenza. Una sintesi di quanto potrebbe accadere a un avvocato di professione. Sfaccettature diverse di casi diversi. In questo caso, lo spettacolo non risponde a qualcosa di reale ma è una rielaborazione di qualcosa di psicologico, quasi un'ossessione del rapporto fra l'innocenza e la colpevolezza. Caspita! Ma tu hai dovuto comportarti come lei ritiene che ci si comporti in tribunale? C'è sempre una sorte di non detto, dove si ferma il lavoro dell'autrice, che in questo caso è anche regista e, per un inevitabile pudore, l'interpretazione si lascia all'attore. Sei sempre solo sul palco ? Il testo si rivolge direttamente al pubblico. Ci sono brevi apparizioni di figure di supporto ma che non hanno dialogo e poi c'è il cadavere, che deve offrire alcune chiavi di comprensione. Non si capisce se questo protagonista è stato davvero ucciso, se è davvero morto, se è un mitomane... Ma è uno spettacolo surreale? Non ha colpi di scena, è più psicologico, come se il personaggio si stupisse nel consolidare questa tesi della colpevolezza. E' un gioco mentale e si sente molto il lavoro dell'autore, come percorso, si sente molto una sorta di saggio biografico. Nel senso dell'approccio, dal punto di vista dello stile, non del personaggio nè dell'attore. La biografia dell'autrice mostra autoreferenzialità, da questo punto di vista. Ti piace farlo? Ho voglia di sperimentare e poi è stato prodotto dal Festival di Asti. Lo scorso anno ho ricevuto un caldo invito a partecipare da Salvatore Leto, il direttore del Festival e coproduttore del testo insieme al Teatro dei Filodrammatici. Io ho debuttato ad Asti proprio al Festival della Drammautgia Contemporanea e qui, con Novecento, ho avuto grandissima fortuna e credo pure Baricco. L'uscita di Novecento capitò proprio mentre Baricco diventava famoso, ma ora si cerca di scoprire altri nuovi drammaturghi. Lucia Grasso è al debutto? Praticamente è così. Spiegaci il bello di questo spettacolo e perché viene messo in scena a Sesto San Giovanni. In questo momento l'ironia gioca a nostro favore e ci permette di divertirci. Il pubblico finora è attento, anche se abbiamo fatto pochissime repliche. Il tema è interessante, aspettiamo a vedere. Fin da giugno dello scorso anno Emilio Russo aveva previsto di portare lo spettacolo al MIL, è una scelta strategica della produzione. Bene, mi hai incuriosita un sacco. Poi che farai? Il prossimo anno farò ancora Gaber con Il dio bambino, nel corso del Festival Gaber e di sicuro verrò a Milano. Per la prossima stagione faremo lo Zio Vanja, di Cechov, ancora con Gabriele Vacis alla regia e solo a Torino, in occasione della riapertura e inaugurazione del Teatro Carignano, chiuso da tempo per restauri. Che tutto si ripeta...! Fare monologhi ti piace davvero o in fondo preferiresti stare in compagnia, sul palco? Be, io alterno, per fortuna. Ho alternato le due esperienze, come con l'Arcivolto e Cipputi, la celebrazione del personaggio di Altan, come Calvino... Il lavoro di compagnia è sempre molto elettrizzante e piacevole, eppure lavorare da solo permette di godere di un rapporto privilegiato col pubblico e sinceramente nutro una leggera preferenza per il monologo. Non è una scelta ideologica nè un appagare il mio narcisismo: il monologo è molto interessante nel rapporto col pubblico soprattutto quando è interpretazione, è lavorare col pubblico. E' molto bello. Anche il lavoro corale è magnifico, ma il lavoro verticale col pubblico è molto suggestivo. Mi piace, non posso negarlo. Hai trovato il tempo per farti una famiglia? Famiglia si, ho una moglie, ma figli no, non ho figli. La mia vita privata è talmente privata che non la conosce nessuno. Mio moglie è un'artista, un'illustratrice e le discussioni fra di noi sono feconde, non siamo monotematiche. Il fatto di andare in tourneè significa poi cercare di recuperare il tempo perduto. Andiamo avanti da 10 anni e siamo contenti così.